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SAN GALGANO MUSEUM CONTEST

Il concept di progetto si identifica in un volume semplice, che si pone a rispettosa distanza dall’esistente e che vuol far proprio il concetto di degrado tipico del luogo.

Innanzitutto, si è definito un recinto a partire dall’angolo di corte preesistente come elemento generatore. In secondo luogo il recinto è diventato un volume virtuale digradante verso l’abbazia, così da non comprometterne la percezione.

L’ingresso alla struttura è riconoscibile grazie all’apertura ricavata dalla piega nel muro di cinta.

 

La suddivisione interna degli spazi è pensata per richiamare quella di una chiesa romanica, con una navata centrale, supportata da un colonnato regolare, che assolva alla funzione distributiva e una serie di cappelle laterali, quali spazi serviti. Nella zona corrispondente l’altare si è voluto privilegiare il rapporto diretto con il cielo, come avviene nell’abbazia, lasciandolo scoperto.

 

Le cappelle laterali che, nella tradizione degli edifici dedicati al culto cattolico, sono spazi intimi dedicati alla riflessione personale, saranno destinate all’esposizione di icone e alla funzione di bookshop. Lo studio dell’illuminazione naturale in questi locali è stato fondamentale per il raggiungimento di questa intimità: tramite fessure vetrate continue, che risvoltano dalla parete fin sul solaio, si è riusciti a convogliare la luce naturale in due cascate ai bordi della copertura. Questi stessi tagli nell’involucro, al calar del sole, diventano elementi che proiettano luce artificiale verso l’esterno, dando un aspetto distintivo all’intera struttura.

 

Al piano primo trova collocazione lo spazio ristoro, dotato di una terrazza panoramica affacciata sull’abbazia. La porzione di colonnato che emerge dal piano terra ha la funzione di filtrare e creare visuali selettive, ritmate dal susseguirsi dei pilastri.

Il ritmo del colonnato, infatti, così come quello dei prospetti esterni è stato dedotto dallo studio della struttura e della tessitura della parete laterale dell’abbazia, andando a definire un rapporto di armonia tra nuovo ed esistente.

 

Un ruolo chiave è affidato anche al disegno delle aree verdi, le quali, a differenza del resto del museo, intendono rivendicare il proprio stato di natura, disponendosi secondo forme organiche e spontanee, invece che antropizzate. 

È per questo motivo che al termine della navata centrale i pilastri affondano le proprie radici nel manto erboso. In tal modo, infatti, il visitatore comincia a intuire un cambiamento nello spazio che sta attraversando, prima ancora di ritrovarsi a cielo aperto.

La forza di questa soluzione progettuale consiste nel fatto che essa sfrutta diverse capacità sensoriali, dando la possibilità a chiunque si trovi a vagare per questo spazio di cogliere almeno una delle sfumature di questo luogo, al contempo vissuto e abbandonato, progettato e naturale.

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Progetto realizzato in collaborazione con Arch. Luca Guizzi

© Dario Mondini_2022

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